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ADHD A MILANO

DISTURBO DA DEFICIT DELL’ATTENZIONE ED IPERATTIVITÀ (ADHD)

Con l’acronimo ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) si intende descrivere un “Pattern persistente di disattenzione e/o iperattività-impulsività che interferisce con il funzionamento e lo sviluppo” (APA, DSM-5). La sigla ADHD in italiano ha un corrispettivo indicato come DDAI (Disturbo da deficit di Attenzione e Iperattività) e i due termini sono utilizzabili come sinonimi.

Ma cosa significa ADHD? Cosa è realmente l’ADHD? Può essere considerato come un disturbo, come una sindrome o come malattia?

Il termine più corretto è sicuramente “disturbo” e nello specifico Disturbo del Neurosviluppo. Ciò significa che solitamente si manifesta in età infantile e che quasi certamente perdura per tutto l’arco di vita in quanto deficit lifetime.

Tre sono i pattern che lo compongono:

  1. Disattenzione: intesa come una particolare tendenza a distrarsi dal compito, mancanza di perseveranza e difficoltà a rimanere concentrati;
  2. Iperattività: eccessività motoria messa in atto durante situazioni inopportune;
  3. Impulsività: azione frettolosa senza premeditazione.

Secondo i dati epidemiologici presenti nel DSM-5 il deficit di attenzione è presente nel 5% dei bambini e nel 2,5% degli adulti con un rapporto di 2:1 per i maschi (nei bambini) e di 1,6:1 per i maschi (negli adulti). Se vuoi prenotare una valutazione ADHD a Milano, chiamaci per fissare un appuntamento e saremo lieti di riceverti presso il nostro studio.

DIAGNOSI E TRATTAMENTO ADHD A MILANO

Diagnosticare l’ADHD, per chi non ha esperienza, può essere un’impresa difficile. La stessa diagnosi in sé è complessa perchè prevede l’utilizzo di molteplici strumenti e il coinvolgimento di tutte le figure che gravitano attorno al bambino.

I manuali di riferimento per una corretta diagnosi dell’ADHD sono il DSM-5 e l’ICD (ad oggi arrivato all’undicesima edizione).

Il DSM-5 stila una serie di sintomi dell’ADHD (9 per il pattern della disattenzione e 9 per quello dell’iperattività-impulsività), i quali devono presentarsi per almeno sei mesi di tempo, devono risultarne almeno 6 per pattern e devono interferire con il normale funzionamento sociale, scolastico, lavorativo.

Tali sintomi devono essere presenti prima dei 12 anni.

I livelli di analisi della severità spaziano da lieve (presenza di pochi sintomi con minimo impedimento per la vita sociale, scolastica e lavorativa); severo (presenza di più sintomi rispetto a quelli indicati e grave compromissione del funzionamento sociale, scolastico e lavorativo); medio (è un livello che sta tra il lieve e il severo).

La presenza di entrambi i pattern è sempre evidente ma a volte il tipo di manifestazione può cambiare; ecco che anche in questo caso si stila una tripartizione  del tipo di combinazione:

  • manifestazione a prevalenza inattentiva (quando sono presenti maggiormente i criteri A1-disattenzione e meno quelli A2-iperattività/impulsività);
  • manifestazione a prevalenza iperattiva/impulsiva (quando sono presenti maggiormente i criteri A2 e meno quelli A1);
  • manifestazione combinata (se vengono soddisfatti entrambi i criteri).

Dal punto di vista pratico possono essere utilizzati diversi strumenti diagnostici, in primis i colloqui clinici rivolti sia ai diretti interessati che ai familiari che agli insegnanti.

Attraverso i colloqui si effettua una completa raccolta anamnestica e si ottengono tutte le informazioni necessarie per comprendere lo stile di vita nonché il tipo di relazioni interpersonali del bambino.

Si può poi provare ad effettuare un momento di osservazione diretta comportamentale sia in situazioni artificiali come lo studio del professionista, sia a scuola che a casa.

Vengono ulteriormente utilizzati strumenti diagnostici (di competenza medica e psicologica) per ottenere dati più obiettivi e standardizzati.

A tal proposito a livello psicologico si possono utilizzare tutti quei questionari e interviste strutturate o semi-strutturate o test cognitivi utili al professionista per rilevare i reali livelli di attenzione e deficit delle FE (funzioni esecutive).

Il trattamento dell’ADHD è sicuramente multidisciplinare e multicomponenziale; infatti un buon lavoro di equipe è la base di partenza per un buon training.

Dal punto di vista strettamente medico, spesso, si riconosce il bisogno di assumere farmaci (nei casi più gravi o qualora il neuropsichiatra infantile lo ritenga opportuno) quali psicostimolanti o inibitori selettivi della ricaptazione della noradrenalina.

Dal punto di vista psicologico grande evidenza scientifica è stata riconosciuta alle tecniche cognitivo-comportamentali con specifiche procedure comportamentali quali il rinforzo, la token economy, il costo della risposta e cognitive quali il “training di autoistruzione verbale”.

Chiaramente sulla base del singolo caso si possono prevedere percorsi mirati al mondo scolastico, interventi assistiti con animali, interventi sull’autostima, sulla famiglia e sessioni intensive di potenziamento delle FE (funzioni esecutive).

Di grande rilevanza risultano essere i parent training, i quali devono essere svolti in maniera costante e metodica. Se vuoi prenotare un appuntamento per una diagnosi ADHD a Milano, ti invitiamo a visitare la sezione contatti e fissare un appuntamento presso il nostro studio.

ADHD NEI BAMBINI

L’ADHD è uno dei disturbi neuropsichiatrici dell’età evolutiva più frequenti (American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 2007).

I bambini con ADHD vengono spesso etichettati come “instancabili”, “capricciosi”, “sempre in movimento”; ma dietro i loro comportamenti ci sono situazioni tipiche di chi vive un disturbo del neurosviluppo.

Se da un lato è vero che i sintomi dell’ADHD sia in fase infantile che poi adolescenziale sono riconducibili a forte disattenzione e iperattività, dall’altro molte altre manifestazioni accorrono nel fenotipo di un ADHD.

Infatti, non sono infrequenti situazioni psicologiche come ansia e depressione, soprattutto in bambini già particolarmente fragili, disturbi del sonno e socio-relazionali che di certo non li aiutano a vivere la quotidianità in maniera funzionale.

È da precisare che il bambino con ADHD ha sempre chiaro il contesto circostante e spesso presenta un adeguato livello intellettivo, per cui risulta ancora più difficile accettare la propria situazione. Sentimenti d’ansia o depressivi sono tipici di un bambino/a con ADHD se non aiutati a comprendere che sì hanno un diverso modo di stare attenti e comportarsi, ma che questo non deve essere necessariamente considerato come qualcosa da “patologizzare”.

Se stai cercando un professionista specializzato in ADHD a Milano, sei nel posto giusto. Presso lo Studio Lenia mettiamo a disposizione dei clienti la nostra esperienza e professionalità.

ADHD A SCUOLA

La scuola e il suo coinvolgimento sono fondamentali ai fini di una corretta diagnosi e di una corretta impostazione dell’intervento.

Gli insegnanti partecipano alla raccolta anamnestica fin dall’inizio e sono coinvolti in tutti gli step proprio perchè, criterio diagnostico fondamentale secondo il DSM-5, è quello di rilevare la presenza dei sintomi in 2 o più contesti (dunque almeno a casa e a scuola).

Tra gli strumenti e le strategie per una corretta gestione in classe di un bambino ADHD vi è la “contingency contracting” di matrice comportamentale.

Essa è una tecnica di gestione comportamentale che prevede la negoziazione di un accordo contrattuale tra alunno e insegnante. Nel contratto sono segnati tutti i comportamenti da tenere in classe e i conseguenti benefici che l’alunno ne trae.

Strategie didattiche efficaci per l’insegnante possono essere suddivise in step: il primo è quello di individuare gli obiettivi comportamentali, poi si selezionano le attività preferite e ulteriormente si scelgono le eventuali ricompense.

E’ fondamentale individuare bene gli obiettivi, scegliere le attività che più possono interessare l’alunna/o e che possano contestualmente essere funzionali e decidere i rinforzi più giusti.

ADHD NEGLI ADULTI

“Un giorno mi sono alzato e ho pensato di non essere capace di fare nulla, tutti mi dicevano che non ero abbastanza organizzato o capace di gestire le frustrazioni. Sempre distratto e maldestro. In famiglia mi deridevano e non mi consideravano all’altezza. Ho vissuto un momento di depressione a causa delle continue pressioni sociali. Non ne potevo più. Così mi sono deciso a cercare uno specialista. E’ stato difficile trovarne uno e ancor di più intraprendere un percorso mirato alla mia situazione. Piano piano sto riacquistando fiducia in me stesso e sento di vivere con più libertà il disturbo con cui convivo”.

Di ADHD adulto non si parla spesso nel panorama italiano e pochi sono i professionisti che se ne occupano. Lo studio Lenia prende in carica pazienti adulti con ADHD e organizza mensilmente un corso di formazione specifico sull’argomento.

Le caratteristiche dell’ADHD negli adulti non sono poi così dissimili da quelle infantili, tanto è vero che i criteri diagnostici sono uguali e che nemmeno il DSM-5 ha creato un sistema di classificazione a parte.

L’unica differenza sostanziale riguarda la presenza di almeno cinque (e non sei come per i bambini) criteri diagnostici per pattern.

Ma è realmente così?

Nell’adulto l’ADHD è in parte più complicato in quanto le manifestazioni sono molteplici, complesse e ben consolidate.

L’iperattività tipica del mondo infantile, nel mondo adulto si fa meno presente a discapito di un alto livello di inattenzione e irritabilità.

Infatti, l’irrequietezza è la maggiore manifestazione sintomatologica riconducibile a stati di iperattività, mentre il mind-wondering (vagare della mente) e le scarse capacità di organizzazione e pianificazione come ovviamente le labili capacità di concentrazione possono essere la maggiore rappresentazione sintomatologica dell’inattenzione.

Queste manifestazioni rendono difficile inserirsi nei contesti sociali o persino eccellere nel mondo lavorativo, per non parlare dei rapporti personali che spesso risultano difficili da sostenere.

Nei casi più gravi, l’adulto con ADHD è il tipico “cliente” abituale dei SerT in quanto l’uso di sostanze (come anche i comportamenti a rischio) sono un modo di evadere da continui fallimenti e pressioni sociali oltre che un modo per placare i sintomi.

Uno degli aspetti fortemente riconducibili a quest’ultimo punto (e forte problematica nazionale) è la continuità del trattamento nei servizi sanitari pubblici.

Secondo le linee guida NICE (National Institute for Care and Health Excellence), le persone con ADHD traggono beneficio da un metodica organizzazione delle cure, con possibilità di continuare i trattamenti (farmacologici o psicologici che siano) una volta raggiunta la maggiore età.

Questi aspetti sono quasi del tutto inesistenti in Italia.

Infatti, il rischio di drop out una volta compiuti 18 anni è alto e i servizi sanitari italiani allo stato attuale non prevedono disposizioni generali su come effettuare il passaggio dal servizio di neuropsichiatria infantile a quello di psichiatria.

Questo aggravato dal fatto che solo il 30% dei medici ha esperienza e conoscenza di adulti con ADHD e che solo nel 30% dei casi i servizi seguono procedure idonee al passaggio tra servizi.

Si auspica dunque ad una maggiore attenzione alla problematica, sempre più sottostimata ma evidente.